martedì 17 luglio 2012

Ognuno per sé

1968, di Giorgio Capitani. Con: Van Heflin, Klaus Kinski, George Hilton, Gilbert Roland, Federico Boido, Sergio Doria, Sarah Ross.
Giorgio Capitani, dirigendo questo misconosciuto e (inspiegabilmente) dimenticato gioiello di celluloide, dimostra di essere un regista ricercato ed impeccabile, oltre a disvelare un particolare gusto per il dettaglio paesaggistico e naturalistico, per altro corroborato da una splendida fotografia.
La sceneggiatura di Fernando Di Leo (che ha sostenuto in alcune interviste la totale incapacità di Capitani a dirigere un western, apostrofandolo addirittura come "morto di sonno", probabilmente per il suo stile misurato, raffinato e mai sopra le righe, sostanzialmente lontano dagli stilemi dello spaghetti western) è solida e si rifà agli antenati hollywoodiani, essendo incentrata sulla caccia all'oro da parte di un gruppo raffazzonato e disorganico di avventurieri (il riferimento a Il tesoro della Sierra Madre di John Huston pare piuttosto esplicito, ed è confermato dallo stesso Capitani).


Il cast è assolutamente straordinario, a partire da un imbolsito (e ormai alcolizzato, ma super professionale sul set ed efficacissimo per il ruolo) Van Heflin, nella parte del protagonista principale, un vecchio e un po' patetico cercatore d'oro che finalmente trova un filone in una miniera, dopo anni di vani tentativi, per proseguire con l'eccellente Gilbert Roland (fisicamente, un Willy DeVille ante litteram!) nei panni di un avventuriero raffinato ed ammalato di malaria, il solito (grande) Kinski, psicoticamente al di sopra delle righe, quasi in assetto proto-herzoghiano ed un convincente George Hilton, in quella che per chi scrive rimane la sua migliore interpretazione in ambito western, nella parte del compare di Kinski, del quale è morbosamente succube e con il quale è lasciata intendere l'esistenza di un legame omosessuale (tema certamente scottante per l'epoca, tanto più in un film western - sono ancora lontani i tempi de I segreti di Brokeback Mountain - ma che, per assurdo, tornerà altre volte, seppur di striscio, fra le tematiche toccate dagli "spaghetti", vedansi Se sei vivo spara di Giulio Questi o Il grande duello di Giancarlo Santi, dimostrando una volta di più anche la valenza sperimentale e di rottura del cinema italiano di quel periodo, ma anche la grande libertà di cui godevano, in fin dei conti, registi e sceneggiatori).

Inconsueto per il genere il tratteggio psicologico dei personaggi (nel western all'italiana i profili dei protagonisti sono mediamente tagliati con l'accetta ed è rarissimo intravedere anche solo un barlume di volontà di introspezione), che si unisce ad altri aspetti della pellicola che possono essere accostati più al western classico made in USA che non a quello nostrano, come già accennato. Basti osservare, ad esempio, la dinamica delle sparatorie, non eccessive nel numero e non così cruente.
Molto bella la colonna sonora di Carlo Rustichelli, a tratti maestosa, che pur rifacendosi anch'essa ai grandi classici d'oltreoceano, assume una sua peculiarità dal retrogusto sinfonico.
Impedibili e gustosissime le interviste a Giorgio Capitani e George Hilton (due persone squisite), presenti fra i contenuti extra del dvd (edizione Koch Media, uscita per il mercato tedesco col titolo Das gold von Sam Cooper ma con l'italiano fra le lingue opzionabili), ricche di aneddoti e retroscena.

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